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Oggi vi vogliamo far conoscere Paolo, un ex minatore cresciuto in una delle miniere del Monte Amiata.

Ascoltare Paolo è commovente, la sua voce educata ed umile è toccante.

Paolo è entrato in miniera a soli 13 anni nel 1946, suo padre era un minatore, suo nonno era un minatore.

Sul Monte Amiata i tedeschi si accaparrarono le concessioni minerarie perchè erano ricche di cinabro, una pesante pietra rossa che se portata a 800° espelle per sublimazione un prezioso minerale, il mercurio usato all'epoca per costruire fatali armi di guerra.

La comunità badenga, ovvero gli abitanti di Abbadia San Salvatore, era una popolazione contadina, povera, spesso mezzadra ed analfabeta.

L'apertura delle miniere è stata una valida alternativa economica, alla coltivazione della terra.

Grazie alla paga offerta dalla miniera, la seconda generazione è riuscita a mandare i figli a scuola fino alla terza elementare, la terza generazione ha avuto il privilegio di mandare i figli all'università.

Per questo tutti ambivano ad andare in miniera, non ostante i pericoli giornalieri e salute che si rovinava precocemente.

Paolo va dunque in miniera da giovanissimo, perchè a casa c'era bisogno di soldi.

Li incontra un uomo che lo affianca per insegnarli il mestiere e per proteggerlo dai pericoli, diventerà per lui un secondo padre.

Paolo racconta la prima volta che una frana lo ha costretto a quello che lui chiama, il buio ed il silenzio assoluto.

Ha atteso 10 ore prima che i soccorsi si accorgessero che la sua medaglia di entrata (una sorta di attuale cartellino di entrata in fabbrica), al momento dell'ora di uscia, era rimasta dal lato di chi è ancora sotto terra.

La seconda volta ha atteso 32 ore, la terza volta 26 giorni...

Il cibo gli veniva passato il forma liquida attraverso i condotti d'areazione e non ostante le condizioni in cui hanno vissuto questo interminabile tempo, lui lo racconta con la malinconia negli occhi perchè da un'esperienza negativa, lui ha visto il lato umano delle ore trascorse con i suoi compagni di lavoro. A nessuno gli prese il panico, ne divenne aggressivo, tutti divennero una cosa sola, solidale, piena di amore e amicizia, quella vera ed indelebile, un'amicizia per tutta la vita.

Il museo minerario è pieno di foto ed attrezzature che fanno rabbrividire. L'odore forte del ferro dei martelli si mischia alla fatica fisica e mentale che questi uomini devano aver provato, giorno dopo giorno.

Con il loro cestino del pranzo scendevano sotto 400mt di terra, nelle viscere del Monte Amiata dove il cuore ancora caldo del vulcano faceva sciogliere il loro corpi di nervi e muscoli ad una temperatura di 45°.

Non vorremmo mai smettere di ascoltare Paolo, ogni passo, ogni frase rompe il silenzio di chi come noi, vuole ascoltare bene le parole di chi la miniera l'ha vissuta per 30anni.

Facciamo delle scale per andare al primo piano del museo e Paolo ansima e tossisce. Sorride, è la tosse del minatore dice. Suo padre, confessa, è morto di silicosi.

 

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La visita dentro la miniera ce la fa un ragazzotto che sembra un disco incantato. Poca passione e frasi fatte e ripetute centinaia di volte. Ci chiediamo se mai ha ascoltato veramente Paolo e perchè ci metta così poco amore nel suo lavoro.

Consigliamo, quando prenotate la visita di chiedere la visita al museo ed alla miniera (a piedi, non con il trenino) con Paolo, ne rimarrete colpiti a vita!

E' tempo di andare e salutiamo Paolo con un grande abbraccio, lui si commuove, noi ci commoviamo.

Uscendo dal museo è buio, ci sono un sacco di stelle e penso che il buio delle notte è così luminoso rispetto al buio assoluto di una miniera.

Paolo ci sorprende ancora e dalla macchina tira fuori un libro intitolato Il piccolo Minatore, storie di onestà, amore, laboriosità e rispetto per il prossimo.

E' un libro scritto da lui con tanto di dvd, è alla terza ristampa con più di 3000 copie vendute.

Ce lo offre in dono, ci abbracciamo e le lacrime escano spontanee.

Grazie Paolo.

Maggiori informazioni sul Museo Minerario di Abbadia San Salvatore seguendo questo link

 

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